Il ruolo di Karl Marx nella lotta di liberazione curda

Il punto più importante in cui il movimento si ispira a Marx, e che risuona già nella sua descrizione di “movimento di lotta”, è la visione del pensiero marxiano come una “filosofia della pratica”. I dibattiti teorici del movimento non hanno lo scopo di esprimere un’opinione o di riempire le pagine delle riviste, ma di acquisire conoscenze per la pratica politica. La pratica, a sua volta, è il punto di partenza per l’ulteriore sviluppo della teoria. Questo è emerso a tal punto nel movimento curdo che esso può vantarsi di aver aggiunto più di qualche postilla al corpus della letteratura socialista.

Per discutere il ruolo di Marx nella lotta di liberazione curda, devo innanzitutto delineare sinteticamente le varie fasi della storia della lotta di liberazione curda. Mi soffermerò sul ruolo di Abdullah Öcalan che, come principale teorico e leader del movimento di liberazione curdo, ha pubblicato ottantuno libri (secondo un conteggio recente) e che si trova in carcere da quasi vent’anni, gli ultimi tre dei quali in totale isolamento senza alcun contatto con il mondo esterno.

Breve quadro storico

Gli anni della fondazione (1973 – 1983)

Questi anni della fondazione coprono i dieci anni che vanno dalla formazione del primo gruppo ideologico attorno ad Abdullah Öcalan nel 1973 all’inizio della lotta armata contro il regime turco nel 1984. In questo periodo è stata prodotta un’intera serie di testi teorici e programmatici, oggi tutti disponibili online – anche se spesso solo in turco – tra cui il programma di fondazione del PKK del 1978.

Se esaminiamo questi testi, scritti per lo più in seguito a discussioni collettive guidate da Abdullah Öcalan, vi troviamo le tracce di un’ampia lettura di Marx da parte dei primi protagonisti del movimento. Il partito si definiva un partito proletario, la cui analisi della situazione politica del momento si basava sui diversi interessi delle varie classi.

Gli anni della lotta

Negli anni in cui la guerriglia passò da circa 30 militanti a 30.000, i problemi pratici giocarono un ruolo decisivo. Vennero alla ribalta questioni di potere e burocrazia, poiché l’Esercito Popolare di Liberazione (ARGK) controllava, almeno temporaneamente, porzioni significative di territorio. Allo stesso tempo, divenne più importante l’esame del ruolo della religione, poiché ampie fasce della popolazione erano e sono religiose, con la presenza nella regione di svariati gruppi confessionali.

Uno dei risultati più sorprendenti del movimento di liberazione curdo è stato quello di essere diventato un movimento di massa non religioso in una società religiosa. La chiave di questo risultato è stata l’accurata comprensione delle diverse fedi da parte del movimento e la sua rinuncia al confronto diretto con la religione. La religione è vista dialetticamente nelle sue diverse funzioni: da un lato, fornisce una comunità, offre alle persone linee guida morali e una narrazione del passato e del futuro; dall’altro, la religione diventa un giocattolo che favorisce gli interessi della classe dominante e serve a mettere le comunità l’una contro l’altra, arrivando persino al punto del genocidio. Questa comprensione consente alle diverse comunità di cooperare e di evitare i conflitti, ovunque il movimento sia influente.

Il nuovo paradigma (1999 – oggi)

Dopo il rapimento di Abdullah Öcalan a Nairobi nel 1999 e il successivo cessate il fuoco durato circa cinque anni, il movimento si è sottoposto a un ampio ripensamento dei propri fondamenti teorici. In questo processo hanno avuto un ruolo decisivo gli scritti dal carcere di Öcalan, in cui egli ha rielaborato sia la propria esperienza politico-pratica sia la lettura di autori marxisti e non, da Hegel a Murray Bookchin. Il riorientamento del movimento su questa base costituisce lo sfondo della rivoluzione in Rojava/Siria del Nord, ma anche della politica dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli) in Turchia.

Il ruolo di Marx

Qual è stato dunque il peso di Marx per il movimento nel corso degli anni? Vorrei presentare una serie di punti di riferimento teorici e pratici che illustrano in che modo il movimento di liberazione curdo segua nella sostanza la filosofia e il metodo di Marx – e dove invece non lo faccia.

Cominciamo con un episodio risalente all’epoca del movimento del 1968 in Turchia. Öcalan, che in gioventù era stato piuttosto religioso, acquistò una copia de “L’ABC del socialismo” di Leo Huberman, una popolare introduzione al marxismo. Lo divorò e concluse: “Maometto ha perso, Marx ha vinto”.

Le traduzioni turche delle opere di Marx del tempo godono di una reputazione dubbia e in seguito furono ampiamente criticate e riviste. Inoltre, il nuovo movimento non era interessato principalmente ai dettagli economici, ma alla teoria e alla pratica delle lotte di liberazione ispirate da Marx e Lenin a Cuba, in Angola e soprattutto in Vietnam. Eppure, alcuni elementi centrali della filosofia di Karl Marx sono stati il fulcro ideologico del movimento di liberazione curdo per quarantacinque anni. Molti di essi sono diventati così radicati nel movimento da non essere più percepiti come provenienti da Marx.

La storia

Prima di tutto, c’è la filosofia della storia. Tutte le condizioni sono create dai popoli e possono essere cambiate dai popoli. Inoltre, c’è la fiducia che la storia si stia muovendo verso il socialismo con una certa inevitabilità, sebbene abbia ancora bisogno dell’intervento di rivoluzionari consapevoli. Nonostante tale determinismo sia stato ampiamente criticato all’interno del movimento negli ultimi tempi, la consapevolezza di essere dalla parte giusta della storia è stata molto utile per affrontare, contemporaneamente o uno dopo l’altro, lo Stato NATO della Turchia e i suoi torturatori, i despoti arabi in Siria e Iraq e la teocrazia dei mullah in Iran.

Al di là di questo, però, Öcalan si dimostra un allievo del metodo che Engels descrive ne “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”. Utilizzando le ultime scoperte della ricerca scientifica, cerca di scoprire e criticare la storicità dei fondamenti della società odierna. Come Engels, si occupa dell’origine dello Stato, occupandosi però in modo dettagliato dei primissimi Stati, le città-stato sumere come Uruk e Nippur, della cui esistenza Marx ed Engels non potevano ancora essere a conoscenza. Il risultato è un’analisi affascinante delle basi teologiche del pensiero statale, dalla mitologia sumera alla religione secolare del nazionalismo.

L’attenzione maggiore, tuttavia, è rivolta alle strutture non statali che esistevano prima degli Stati, e di cui lo Stato costituisce l’antitesi. Öcalan dedica grande attenzione a queste strutture e alla loro continua esistenza nei movimenti religiosi e filosofici di opposizione. Lentamente si è allontanato dal postulato di Marx secondo cui tutta la storia è storia di lotte di classe. Oggi il movimento intende la storia come storia dei conflitti tra la civiltà statale, urbana e patriarcale da un lato e le resistenze comunitarie che si oppongono ad essa dall’altro. Queste possono essere guidate da donne, da gruppi religiosi eterodossi, da popoli e gruppi etnici oppressi o da comunità con filosofie di opposizione, compreso il socialismo scientifico.

Per molti versi, ritengo che Öcalan stia facendo per il Medio Oriente ciò che Marx ed Engels fecero per la storiografia occidentale: scrivere la storia dal punto di vista degli oppressi, con l’obiettivo della liberazione, utilizzando i metodi del materialismo storico.

Questo ci porta al secondo punto: il pensiero dialettico.

La dialettica

Come Marx, Öcalan pensa a tutto in termini di relazioni, di movimento, di contraddizioni. L’intera storia della civiltà, che egli esamina in molti volumi, ha infatti un’antitesi: le donne, i popoli, le comunità di fede eterodossa e i movimenti oppressi dalla civiltà statale.

Uno dei metodi di lavoro politico del movimento consiste nel far cooperare persone di diversa estrazione socio-culturale, ad esempio uno studente piccolo-borghese di Istanbul con un pastore analfabeta di una regione montuosa del Kurdistan. I conflitti che ne derivano vengono poi analizzati e discussi e servono come materiale pedagogico per l’intero movimento. In questo modo, le contraddizioni vengono rese produttive.

L’internazionalismo

Il movimento di liberazione curdo è stato concepito fin dall’inizio come un movimento internazionalista. Il primo nucleo di tre membri del movimento era composto da due turchi e un curdo. La liberazione del Kurdistan fu progettata negli anni ’70 nel contesto di una rivoluzione socialista in Medio Oriente. L’addestramento dei primi guerriglieri avvenne nei campi del FPLP palestinese (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina).

Il nazionalismo curdo, che per lo più assumeva la forma di collaborazione con i poteri statali, fu criticato e combattuto fin dall’inizio. Questo background è importante da conoscere anche ai giorni nostri, poiché non è solo la stampa borghese a farneticare di uno “Stato curdo” nella Siria settentrionale. Durante un recente viaggio nel nord della Siria, ho visto l’enorme cimitero di Kobanê, dove é sepolta la maggior parte dei volontari che hanno inflitto la più importante sconfitta allo Stato Islamico. Altri volontari curdi, tuttavia, sono caduti nella liberazione delle cosiddette città “arabe”, dove le Forze Democratiche Siriane stanno costruendo un sistema di consigli multietnici e multireligiosi.

La liberazione delle donne

Ponendo l’accento sulla liberazione delle donne, il movimento va ben oltre Marx e quasi tutti gli altri movimenti rivoluzionari. Sebbene Marx abbia fornito anche le basi per l’analisi della riproduzione con la sua teoria del plusvalore, egli si interessò fondamentalmente della produzione. Basandosi sull’analisi della questione di genere come principale contraddizione sociale in Medio Oriente, Öcalan interpreta invece il rapporto tra “riproduzione” e “produzione” in modo inverso: l’economia che consiste nel provvedere al cibo e al vestiario e nell’allevare i bambini, principalmente portata avanti dalle donne, è l’economia reale, orientata al valore d’uso, mentre l'”economia”, a volte orientata al valore di scambio e a volte basata sul saccheggio violento, è un’invenzione maschile. Öcalan trova negli antichi testi mesopotamici evidenze del passaggio da un’economia matriarcale a relazioni patriarcali di violenza nelle città-stato sumere, una transizione durata diversi secoli, se non millenni.

Tale attitudine nei confronti della liberazione delle donne trova espressione concreta non solo nel gran numero di donne combattenti organizzate autonomamente nelle strutture di guerriglia e di autodifesa della Siria del Nord, ma anche nella doppia leadership di genere misto in tutti gli organismi a qualsiasi livello del lavoro politico, che prevede un diritto di veto riservato alle strutture femminili.

Una “filosofia della prassi”

Forse, tuttavia, il punto più importante in cui il movimento si ispira a Marx, e che risuona già nella sua descrizione di “movimento di lotta”, è la visione del pensiero marxiano come una “filosofia della pratica”. I dibattiti teorici del movimento non hanno lo scopo di esprimere un’opinione o di riempire le pagine delle riviste, ma di acquisire conoscenze per la pratica politica. La pratica, a sua volta, è il punto di partenza per l’ulteriore sviluppo della teoria. Questo è emerso a tal punto nel movimento curdo che esso può vantarsi di aver aggiunto più di qualche postilla al corpus della letteratura socialista.

Così, il movimento sviluppa costantemente nuovi metodi per smantellare le relazioni di potere esistenti e sostituirle con strutture egualitarie.

Conclusioni

Con la sua interpretazione creativa di Marx e un dibattito costante e vivace su molte questioni di teoria e pratica socialista, il movimento di liberazione curdo è forse oggi il più importante movimento rivoluzionario nella tradizione di Karl Marx. Il fatto che molti marxisti lo conoscano poco è una triste realtà a cui stiamo lavorando intensamente per rimediare.

La rivoluzione nella Siria del Nord è minacciata non solo dalla Turchia e dalle sue forze mercenarie islamiste. Anche la NATO sta attaccando ferocemente il movimento. Öcalan, sulle cui idee si basa fondamentalmente la rivoluzione nella Siria del Nord, è completamente isolato dal mondo esterno da tre anni in Turchia; da quasi sette anni non ha contatti con i suoi avvocati. La protesta contro queste circostanze nel nostro Paese – ad eccezione dei curdi – è purtroppo molto modesta. Invito tutti e tutte a conoscere meglio la rivoluzione e il movimento che la sostiene e a mostrare solidarietà sul territorio.