Discussioni e pratiche di ecologia nella lotta di liberazione curda

L’ecologia è uno dei tre pilastri del paradigma del Confederalismo Democratico, il concetto politico-teorico del Movimento per la Libertà Curdo. Oltre alla democrazia e alla liberazione di genere, l’ecologia è stata menzionata esplicitamente come una dimensione di questo concetto dal 2005. Tuttavia, ad oggi, l’ecologia è meno discussa e praticata rispetto agli altri due pilastri.

Distruzione e sfruttamento ecologico in Kurdistan
Con l’introduzione diffusa del capitalismo in Kurdistan negli anni Cinquanta, si è assistito a uno sfruttamento sistemico e distruttivo della natura. I quattro Stati colonialisti – Turchia, Iran, Iraq e Siria – hanno iniziato a pianificare grandi progetti energetici, minerari, agricoli, infrastrutturali e di altro tipo, la cui attuazione ha portato a una distruzione e a uno sfruttamento ecologico eccessivi [1]. Questo è dovuto, tra gli altri fattori, al modello economico capitalista, rispettivamente ai bassi standard ecologici e sociali nell’attuazione dei numerosi progetti e al semplice fatto che il Kurdistan ha lo status de facto di una colonia sezionata. Pur mantenendo lo status coloniale, gli Stati egemoni, attraverso l’attuazione di misure economiche e militari, hanno introdotto, passo dopo passo, le stesse relazioni capitalistiche nelle società del Kurdistan. Negli anni ’70, all’insegna del progresso, la costruzione di numerosi grandi progetti – in particolare dighe, trivellazioni petrolifere e miniere – è stata realizzata attraverso l’esercizio del potere egemonico degli Stati centralizzati nelle quattro parti del Kurdistan. Dopo i primi lavori di preparazione negli anni ’60, l’agricoltura ha iniziato a essere industrializzata negli anni ’70, in particolare nel Kurdistan occidentale (Rojava) e nel Kurdistan settentrionale (Bakur), poi in seguito anche nel Kurdistan meridionale (Başur) e orientale (Rojhilat).

Uno dei risultati di queste politiche è stato l’indebolimento delle relazioni comunitarie e solidali nella società del Kurdistan. I progetti infrastrutturali e gli investimenti sono stati concepiti e attuati senza alcuna consultazione della popolazione locale e con un approccio autoritario, nell’interesse degli Stati colonialisti e delle classi superiori curde colonialiste e collaborazioniste, con l’obiettivo di massimizzare i profitti attraverso un processo di modernizzazione a carattere capitalistico, pratiche di oppressione e una crescente assimilazione. Se in un primo momento, negli anni Cinquanta e Sessanta, questo sviluppo era ancora contenuto, negli anni Settanta è stato caratterizzato da una considerevole accelerazione. In seguito alla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali nelle aree rurali e al conseguente trasferimento di centinaia di migliaia di persone, all’industrializzazione dell’agricoltura, alla continua migrazione delle popolazioni rurali indotta dall’economia, alla rapida urbanizzazione, all’industrializzazione e alle guerre colonialiste contro la popolazione a partire dagli anni ’80, la società ha perso in gran parte le sue caratteristiche di solidarietà e comunanza. Le caratteristiche principali delle società pre-capitaliste erano l’approccio comunitario e la solidarietà nel processo decisionale, nell’economia, nella socialità, nella cultura e in altri ambiti, sebbene fossero presenti anche configurazioni feudali e conservatrici di diversa natura e intensità. A partire dagli anni ’90, il numero di grandi progetti realizzati, così come i mezzi di sussistenza delle persone e le relazioni economiche, hanno subito gravi cambiamenti. Gli elementi superstiti dell’economia di sussistenza e dei circoli economici locali sono stati segregati e il Kurdistan è entrato a far parte a pieno titolo del “mercato nazionale” di ogni Stato e del mercato globale neoliberale.
I tempi passati erano certamente colmi di gerarchia, patriarcato e discriminazione, ma la transizione al capitalismo è stata una rottura brutale nello sviluppo sociale e storico e in un certo senso ha persino approfondito il sessismo e il patriarcato della società. Per capire cosa è diminuito in questi decenni, è necessario soffermarsi su come i seguenti approcci e caratteristiche del comunitarismo e della solidarietà siano stati consumati tra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta.

Tipicamente:

• Sebbene di solito non siano stati inclusivi per quanto riguarda il sesso e l'età, in molti villaggi esisteva una sorta di assemblea composta per lo più da uomini anziani e talvolta da alcune donne anziane, che si riuniva all'occorrenza e prendeva decisioni.
• La solidarietà su questioni economiche era frequente. Ad esempio, quando una famiglia o un nucleo familiare voleva costruire una nuova casa, l'intero villaggio (o la maggior parte di esso) si mobilitava per i lavori di costruzione soprattutto durante alcuni giorni, quelli cruciali per il buon conseguimento dei lavori.
• Era consuetudine che gli animali di tutte le famiglie pascolassero insieme in luoghi appropriati. Questo veniva gestito a turno da tutte le famiglie.
• Quando ad una famiglia capitava un cattivo raccolto, le altre famiglie del villaggio la sostenevano fornendo loro gli alimenti base.
• Quando a una famiglia mancava il lievito per cucinare il pane o il latte, i vicini lo condividevano senza esitazioni o discussioni. Nei giorni successivi, la famiglia sostenuta metteva la stessa quantità di lievito davanti alla casa della famiglia che aveva fornito assistenza.
• Quando una famiglia coglieva un grande raccolto di un certo prodotto (come la noce), era spesso prassi condividere una parte del surplus con gli altri abitanti del villaggio e dei dintorni.
• Anche la solidarietà negli affari sociali era comune. Ad esempio, quando uno o due genitori di una famiglia morivano o erano costretti a migrare in cerca di lavoro, gli altri abitanti del villaggio si prendevano cura dei figli che non potevano mantenersi da soli.
• Esisteva una solidarietà culturale. La sera spesso le persone si riunivano in una delle case e condividevano tra loro storie, miti, poesie e canzoni.

Il Kurdistan appartiene al mondo dei Paesi in cui fino a poco tempo fa la modernità capitalista [2] era debole e la solidarietà e le strutture comunitarie nelle società esistevano ancora in modo significativo. Oggi le generazioni più anziane del Kurdistan ricordano abbastanza bene com’era la vita fino agli anni Sessanta o Settanta.
Non c’è alcun obiettivo di romanticizzare la vita di alcuni decenni fa, tuttavia è necessario sottolineare come ci fosse in ogni caso una significativa solidarietà e condivisione nella società e non tutto era valutato monetariamente; la vita e la commercializzazione [3] non erano concretizzate come oggi.

Inizio della discussione sull’ecologia

Dopo due decenni di lotta per la libertà nel Kurdistan del Nord, negli anni ’90 il Movimento per la Libertà Curdo (KFM) ha iniziato a discutere la questione ecologica a livello curdo e globale. La discussione si è sviluppata in risposta alla distruzione sistematica del Bakur a causa della guerra dello Stato turco contro i curdi; più di 2,5 milioni di sfollati si sono dovuti confrontare in modo repentino e brutale con la vita urbana e capitalistica, mentre le forze dello Stato turco hanno distrutto fino a 4.000 villaggi e incendiato vaste aree boschive nel Bakur. La maggior parte degli sfollati viveva in precedenza di un’economia prevalentemente di sussistenza, con una circolazione regionale di prodotti comportando quindi un danno ecologico limitato. In particolare tra il 1992 e il 1995 vaste aree sono state spopolate e molte città del Bakur hanno spesso raddoppiato la loro popolazione senza essere preparate in alcun modo e senza il sostegno del governo turco né di altri governi.

Negli anni ’90, soprattutto il leader politico Abdullah Öcalan del Movimento curdo per la libertà (KFM) ha cominciato a mettere in discussione l’emergere del capitalismo neoliberale, attraverso nuove analisi in generale e in particolare in relazione agli impatti del neoliberismo sulla natura. Negli scritti e nei discorsi di Öcalan sono stati criticati in particolare il concetto stesso di crescita e il crescente distacco del profitto dalla produzione. In questo senso, si è espresso contro il crescente numero di grandi progetti di investimento a causa dell’enorme e irreparabile distruzione della natura che essi causano. Ha quindi incluso anche il cambiamento climatico che, insieme ad altri, ha identificato come il risultato di un’accelerata distruzione ecologica causata direttamente dal capitalismo. Distruggere la natura per l’interesse dei governi centrali e per il profitto delle aziende significa spesso distruggere le basi della vita di milioni di persone. La massiccia distruzione ecologica si ripercuote gravemente sulla vita umana. Spesso i grandi progetti causano lo sfollamento di un gran numero di persone e comportano lo sfruttamento della terra e delle aree circostanti che le stesse persone sono costrette a lasciare. Öcalan ha inoltre affrontato il tema del distanziamento del genere umano dalla natura e il tipo di impatto che questo potrebbe avere sulla mente delle persone e sul loro rapporto reciproco. Fondamentalmente l’alienazione delle persone è stata messa in relazione con la disconnessione delle persone dalla natura. Öcalan ha collegato, quindi, la discussione sull’ecologia con la gerarchia istituzionalizzata che ha le sue radici nel patriarcato.

Tuttavia negli anni ’90 l’ecologia non aveva ancora trovato posto al centro delle discussioni in corso. Era nuova, non ancora fortemente sviluppata dal punto di vista teorico e rimaneva oscurata dalla brutale guerra in corso nello Stato turco. La discussione teorica centrale di quel periodo si concentrava sul tema importantissimo della liberazione delle donne. A quel tempo, per i curdi era molto urgente discutere della liberazione delle donne, in quanto era lo strumento principale per superare le strutture conservatrici e gerarchiche della società.

Tuttavia, una componente fondamentale dei rivoluzionari e degli attivisti politici all’interno del KFM cominciava a prendere in considerazione la discussione sull’ecologia degli anni Novanta. Negli anni successivi la riflessione sul tema ecologico ha quindi cominciato ad influenzare le menti di migliaia di persone militanti e politicamente impegnate. La discussione di Öcalan di contraddistingueva per il suo approccio strategico, anticipando nei tempi rispetto a tutti gli altri gruppi e movimenti democratici di sinistra in Kurdistan e in Turchia. Öcalan era infatti ad un livello piuttosto in linea già con alcune discussioni e movimenti di carattere globale che avevano iniziato a confrontarsi rispetto alla contraddizione ecologica.

Comuni del Bakur – Sfida per lo sviluppo di una pratica ecologica
Poco dopo il rapimento di Öcalan, avvenuto nel 1999 grazie a un complotto internazionale coordinato dagli Stati Uniti e consegnato allo Stato turco, la lotta armata del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) è cessata e si è aperta una nuova e ampia discussione sui mezzi e sulle prospettive della lotta per la libertà, dando priorità alla lotta politico-civile. L’obiettivo di creare uno “Stato curdo” è stato definitivamente abbandonato. Nello stesso anno, alle elezioni locali, diversi comuni importanti sono stati conquistati dall’HADEP, il Partito della Democrazia Popolare, all’epoca il partito legale del KFM. I comuni conquistati – tra cui Amed (Diyarbakir), Batman e Wan (Van) – divennero elementi essenziali della lotta per la libertà dei curdi. Questo è coinciso con la riduzione delle misure repressive, soprattutto a causa dell’interruzione della lotta armata. Quest’insieme di circostanze ha facilitato lo spazio per le municipalità, l’HADEP e altre organizzazioni del KFM per diffondere le proprie idee politiche e per entrare meglio in contatto con parti nuove e non politicamente organizzate della società. Ciò che è stato sostenuto per anni, cioè che il KFM ha concetti migliori e molto più democratici, potrebbe essere attuato a livello locale attraverso le municipalità e altre organizzazioni politiche. Ma allo stesso tempo la dinamica creata dalla lotta armata non esisteva più. Si è reso necessario un cambiamento nel modo di pensare e di agire.

Tra il 1999 e il 2004 l’HADEP ha amministrato 37 municipalità e ha dovuto dimostrare alla popolazione di essere in grado di governare meglio e in modo più socialmente responsabile di tutti gli altri partiti politici autoritari e corrotti del sistema egemonico. Dopo aver preso il controllo delle municipalità, la repressione statale non è mai cessata, ma è stata ridotta rispetto agli anni Novanta. L’approccio dello Stato è stato piuttosto quello di concedere un po’ di spazio, ma di portare le municipalità dell’HADEP (sostituite nel 2002 dal DEHAP, nel 2004 dal DTP, nel 2009 dal BDP e nel 2014 dall’HDP/DBP) con determinate politiche imposte, tra cui la critica sollevata ad alcune strutture come il neoliberismo e il centralismo amministrativo, fino al punto in cui sono cadute, perdendo così le successive elezioni locali e infine perdendo la loro attrattiva.
Le municipalità dell’HADEP, e in termini più ampi il Movimento per la Libertà curdo, hanno dichiarato l’obiettivo politico di creare una società democratica-ecologica entro l’anno 2000. È stato, quindi, formulato pubblicamente come l’approccio alla natura sarebbe stato rispettoso; i siti naturali sarebbero stati conservati e sviluppati all’interno delle città e i loro dintorni sarebbero stati più puliti e verdi; i progetti di investimento non sarebbero stati realizzati a spese della natura. La pratica doveva essere significativamente diversa dalle municipalità governate da altri partiti che in Kurdistan non si curavano in alcun modo della vita ecologica.
In questi primi anni migliaia di attivisti politici e altre persone politicamente interessate in Kurdistan e in Turchia iniziarono a leggere articoli e libri sull’ecologia e in particolare sull’ecologia sociale, tra cui Murray Bookchin. Questo ha portato avanti la discussione su come sviluppare una vita ecologica e su cosa questo possa significare nella politica a lungo e a breve termine. La discussione ha interessato anche alcuni dipendenti e politici dei comuni. Questo è stato importante perché la differenza si può osservare a volte nei dettagli. Va considerato che in tutto lo Stato turco le discussioni su un Paese più ecologico o “sostenibile” erano abbastanza nuove e le campagne politiche contro sviluppi e progetti distruttivi e di sfruttamento erano raramente portate avanti. Ma è stato anche il momento in cui in diverse regioni sono nate le lotte contro i grandi progetti di investimento. Nel Bakur due lotte divennero ampiamente note. Una era contro la diga di Ilisu sul Tigri, che avrebbe inondato gran parte della valle del Tigri e l’antica città di Hasankeyf. Un’altra era contro diverse dighe sul fiume Munzur, a Dersim, dove vivono soprattutto persone di fede alevita. Entrambe le lotte hanno ottenuto un grande sostegno tra i curdi. La società curda ha iniziato a discutere per la prima volta di fiumi, dighe, energia, patrimonio culturale e naturale e sviluppo in relazione tra loro su una scala più ampia, contribuendo ad aumentare la consapevolezza critica su questi temi.

Tuttavia, nel loro primo periodo (fino al 2004) i comuni che hanno ottenuto il riconoscimento hanno mostrato una pratica di gran lunga migliore rispetto agli altri dal punto di vista ecologico. Le città sono diventate più pulite e più sane con il miglioramento del sistema dei rifiuti, anche nei quartieri più poveri che erano stati trascurati per decenni. La fornitura di acqua potabile e la gestione delle acque reflue sono state migliorate in modo significativo in diverse città nel giro di pochi anni. Anche l’area verde pro capite è aumentata. I siti del patrimonio culturale hanno ricevuto maggiore attenzione e accessibilità per il pubblico. Sono stati costruiti più spazi pubblici, come piazze e mercati. I trasporti pubblici sono stati sviluppati fino a tutte le aree abitate e a un prezzo relativamente basso. Alcuni grandi progetti con impatti sociali ed ecologici problematici sono stati cancellati o modificati dai Comuni o non hanno avuto seguito. Le condizioni di vita nei quartieri poveri sono state migliorate anche grazie alla pavimentazione delle strade, alla costruzione di infrastrutture sociali come centri sociali o centri di lavaggio per i vestiti e alla riscossione delle bollette dell’acqua non pagate. Gli sforzi per includere i gruppi della società civile nel processo decisionale di molti progetti e persino nella pianificazione della città sono diventati una realtà quotidiana. Possiamo affermare che all’inizio c’erano molti lavori urgenti nel campo dei servizi di base che dovevano essere intrapresi. La qualità della vita nella maggior parte delle città era fortemente minacciata – uno stress esacerbato dalla situazione degli sfollati a causa del conflitto degli anni ’90.

Nonostante questi sviluppi positivi, mancava un consenso generale su come sviluppare un’ulteriore e futura politica ecologica e non si riusciva a spiegare bene il contesto ecologico più ampio. Quasi tutti i sindaci e i politici delle municipalità e delle altre strutture della KFM non consideravano la prospettiva ecologica come uno dei principali approcci strategici e spesso rimaneva secondaria se prevalevano altri aspetti. La coscienza ecologica di queste persone è rimasta limitata dal pragmatismo del parlamentarismo. D’altronde questo non risultava cosi strano, poiché il movimento politico generale è sempre rimasto debole nel campo dell’ecologia e la discussione era abbastanza nuova per il movimento e in particolare per la società in generale. Non c’erano personaggi autorevoli all’interno della società che rivendicassero una politica ecologica più forte da parte dei comuni. In quegli anni i già citati movimenti ecologisti contro i progetti di dighe concentravano i loro sforzi sui progetti di dighe; e le nuove associazioni “ambientaliste” e le organizzazioni civili che stavano emergendo nelle città, tra cui organizzazioni di ingegneri, architetti, avvocati e medici, non chiedevano ancora con forza criteri ecologici da includere nello sviluppo urbano.
Ci sono altri due aspetti rilevanti da tenere in considerazione. Il primo è che la società era appena uscita da un lungo periodo di intenso e sistematico terrore di Stato e si trovava ancora in una fase di recupero di base. L’attenzione politica del KFM si concentrava principalmente sulle violazioni dei diritti umani degli anni ’90 e sulla richiesta che l’identità curda del Bakur fosse accettata con diritti autonomi di base all’interno della Repubblica di Turchia. Il secondo è che il capitalismo in Kurdistan è diventato molto forte dopo la crisi del 2001. Nel 2003-2004, il tasso di crescita economica ufficiale ha raggiunto il 10%, il denaro nell’economia si è accumulato in modo significativo e ovunque sono stati fatti nuovi e più grandi investimenti. Molte più persone hanno iniziato a guadagnare grandi somme di denaro attraverso il commercio e gli investimenti. Ciò creò una forte pressione anche sulle città del Bakur e gli approcci per aprire spazi agli investitori privati interessarono quasi tutti i comuni che soffrivano di un basso reddito finanziario strutturale. Questi sono stati gli anni in cui il neoliberismo è entrato nel Bakur.

Nel Bakur, ma anche in Başur (con l’occupazione statunitense del 2003) e nel Rojhilat, lo sviluppo delle industrie estrattive (minerarie, petrolifere e del gas) divenne molto drammatico in questi anni. I progetti di investimento in tutti i settori si sono diffusi. In questo senso, le aree rurali si sono trovate di fronte ai seguenti progetti: tutti i fiumi dovevano essere trasformati da centinaia di dighe in laghi artificiali o prosciugati da dighe di deviazione; migliaia di licenze erano state commissionate a società per la perforazione di miniere di prova; tutte le strade principali avevano iniziato a essere ampliate; mega impianti di carbone erano stati costruiti in diverse province; era stata costruita una delle più grandi fabbriche di cemento del mondo; il Bakur era diventato un punto caldo per la fratturazione idraulica (fracking); e infine l’intera terra agricola – anche le aree montuose – si trovava ad affrontare un rapido cambiamento secondo le regole del mercato capitalistico. I pianificatori statali hanno iniziato a considerare ogni metro quadrato in termini di terreno sfruttabile finanziariamente e hanno preparato o approvato migliaia di progetti. Il governo dell’AKP sotto Erdogan ha attirato con queste politiche l’interesse del capitale globale. Solo le città amministrate dal KFM hanno resistito in gran parte a questo sviluppo. Per questo motivo il governo non ha potuto attuare le politiche più pianificate in metà delle città del Bakur.
Nel periodo in cui la società del Bakur ha iniziato a sviluppare rapidamente una coscienza ecologica, il capitalismo neoliberista ha iniziato a compiere la più grande distruzione e sfruttamento ecologico (e quindi sociale) della storia del Bakur. La distruzione della natura e il superamento della maggior parte degli elementi sociali-tradizionali rimasti nella società sono stati molto più intensi che durante la guerra degli anni ’90. Solo le aree montuose con accesso difficile sono state oggetto di un’azione di distruzione. Solo le aree montuose di difficile accesso per l’uomo hanno potuto riprendersi dopo il 2000.

L’ecologia nel confederalismo democratico: il concetto teorico
Nel Newroz 2005, Abdullah Öcalan ha dichiarato il “Confederalismo Democratico” come nuovo concetto politico-teorico del Movimento per la Libertà Curdo. In questo modo, gli scritti e le discussioni degli anni precedenti e l’intera esperienza di 30 anni di lotta potevano essere riassunti e messi in relazione tra loro in modo sistematico. Senza dubbio il Confederalismo Democratico non può essere considerato scollegato dalle discussioni e dalle critiche successive al crollo dello “Stato/socialismo reale” intorno al 1990 e ai nuovi movimenti sociali e politici di sinistra e libertari in tutto il mondo. Il risultato è stato un pensiero critico, inclusivo e radicale, con nuove prospettive per i curdi in relazione agli altri popoli del Medio Oriente. Il nuovo concetto politico si esprime con un paradigma basato su tre pilastri. È stato sottolineato un approccio ecologico alla vita, così come la democrazia radicale, che va oltre il parlamentarismo, e la liberazione di genere, con particolare attenzione alla liberazione delle donne. Per ripetere l’ovvio: i pilastri e l’intero concetto sono espressi con l’obiettivo di realizzare una società liberata, emancipata, equa e solidale, in armonia con la natura.

La democrazia radicale e la liberazione delle donne erano state sottolineate e sviluppate con forza tra i curdi già da molti anni. Ma in realtà ciascuno dei tre pilastri del confederalismo democratico non può essere sviluppato a fondo senza legami con gli altri due. Tuttavia, il punto di partenza è la liberazione delle donne.
Prima di 5.000 anni di oppressione ed esclusione delle donne si è sviluppato il periodo neolitico, quando attorno alla donna si è creato un ordine sociale comunitario completo, che può essere chiamato anche società matricentrica. Öcalan sottolinea che questo ordine sociale non ha subito le pratiche esecutive dell’ordine statale ed è esistito per migliaia di anni. È caratterizzato da uguaglianza e libertà, era sostenibile perché la morale sociale dell’ordine matriarcale non permetteva la proprietà ed era in armonia con la natura. È questo ordine duraturo che ha plasmato la coscienza sociale collettiva dell’umanità; ed è il nostro desiderio infinito di riconquistare e immortalare questo ordine sociale di uguaglianza e libertà che ha portato alla nostra costruzione del paradiso.
Öcalan afferma che con il superamento della società matriarcale da parte del patriarcato, le strutture gerarchiche istituzionalizzate sono emerse e si sono diffuse tra le società umane e hanno caratterizzato gli Stati emergenti fino ai giorni nostri. Molto prima della nascita di classi sociali esplicite, la prima classe oppressa e sfruttata è quella delle donne. A questa è seguita, nei secoli e nei millenni successivi, l’oppressione dei bambini e degli uomini. Questa formazione politico-ideologica ha portato anche al dominio e alla distruzione della natura da parte dell’uomo nei diversi periodi della storia umana. Lo sfruttamento e la distruzione ecologica devono essere analizzati fondamentalmente a partire da questo approccio.

Oggi l’approccio conservatore e reazionario degli Stati esistenti è vissuto in prima istanza dalla società attraverso l’oppressione delle donne. Un altro punto importante è che le donne, in quanto genere oppresso, hanno un rapporto più forte con la natura rispetto agli uomini; in tutte le società patriarcali gli uomini sono solitamente più attaccati al potere e quindi più alienati dalla natura. Pertanto, la lotta per una società ecologica e liberata significa, in ultima analisi, anche lotta contro il patriarcato e liberazione delle donne o, per dirla in altro modo, senza la liberazione delle donne non può esistere una società ecologica.
Poiché l’oppressione della società inizia con il patriarcato, è logico che il KFM abbia iniziato a concentrarsi sempre di più sulla liberazione delle donne, che allo stesso tempo è la liberazione di tutti i generi e dell’intera società. All’interno del KFM, questa consapevolezza è emersa all’inizio degli anni ’90 e quindi è iniziata una discussione intensa e diffusa sulla liberazione delle donne, che è diventata più profonda e sistematica dopo la fine della guerra nel Bakur nel 1999 e inoltre con lo sviluppo del Confederalismo democratico.

Discutendo in modo più approfondito l’approccio della KFM alla natura, occorre innanzitutto affermare che la KFM considera la natura come il corpo di tutti gli esseri viventi, compresi gli esseri umani. L’uomo è parte della natura e non si pone al di sopra di essa o di qualsiasi specie. Come nel Neolitico, la considerano viva e animata, non diversa da loro stessi. Tutti gli esseri viventi fanno parte di un grande ecosistema comune che offre opportunità di vita sufficienti per tutti. La natura era onnipresente, per la grande maggioranza delle persone c’era sempre un forte legame con la natura nella vita quotidiana. Öcalan lo descrive come segue: “Questa passata consapevolezza della natura ha favorito una mentalità che riconosceva una moltitudine di santità e divinità nella natura. Possiamo comprendere meglio l’essenza della vita collettiva se riconosciamo che era basata sulla metafisica della santità e della divinità, derivante dalla riverenza per la donna-madre”. Oggi esistono ancora alcune credenze che vedono nella natura una moltitudine di santità e divinità, una di queste è quella degli Alevi. Di conseguenza, per la spiritualità e l’ispirazione degli esseri umani la natura era ed è la fonte principale.

In base all’adesione ai principi ecologici, la natura dovrebbe essere trattata con rispetto e non come una risorsa per il profitto.  La natura era ed è la fonte del cibo, della casa e di tutti gli altri bisogni materiali della vita. Nell’ambito della modernità capitalista, gli esseri umani che vivono nei centri urbani sono di solito debolmente connessi alla natura e comprendono meno la relazione e la connessione con essa. La natura aveva e ha un significato multidimensionale nella vita ed è essenziale per lo sviluppo della cultura e dell’identità, nonché della spiritualità. A causa dell’alienazione tra gli esseri umani, che contribuisce in modo significativo all’alienazione tra la natura e gli esseri umani, oggi la natura è estremamente sfruttata. Nonostante tutti sperimentino l’impatto di una grave distruzione ecologica nei prossimi decenni, la distruzione della natura sembra continuare. L’attuale approccio della modernità capitalista guidata dall’uomo è uno stato di tradimento dell’uomo nei confronti della natura, del suo corpo.

In questo senso, se gli esseri umani soddisfacessero solo i loro bisogni [4], la natura non subirebbe gravi distruzioni e gli ecosistemi avrebbero la capacità di recuperare se stessi. A questo punto, la domanda su quale sia il vero bisogno delle persone oggi non è di facile risposta e non dovrebbe essere lasciata solo ai biologi o agli economisti, ma riguarda piuttosto la questione della democrazia, cioè se una società possa prendere decisioni in condizioni ampiamente democratiche e libere da politiche economiche estrattive e di sfruttamento imposte. Partiamo dal presupposto che in una società liberata, solidale, radicalmente democratica ed ecologica non ci saranno pressioni per estrarre eccessivamente “elementi”[5] dalla natura.
Non dimentichiamo che gli esseri umani non sono solo organismi fisici o materiali, ma hanno forti e profondi sentimenti immateriali e bisogni metafisici nella loro vita. Anche se gli esseri umani non possono esprimerli, non pensano e non agiscono solo in modo razionale. Per migliaia di anni, le persone hanno cercato l’ispirazione e la motivazione seguendo diversi metodi, tra cui il ritiro dall’ambiente circostante nella natura. Con l’aumento esponenziale dell’urbanizzazione, dell’applicazione dell’asfalto, della coltivazione del paesaggio e dei progetti di investimento su tutto il territorio, sono sempre meno le aree adatte in questo senso e quindi diventa sempre più difficile trarre ispirazione dalla natura, nella modernità capitalista in particolare per le persone più povere provenienti dalle città che hanno minori capacità finanziarie per sperimentare direttamente la natura. In relazione a ciò, ciò influisce anche sulle attività di riproduzione fisica e di recupero per le persone provenienti dai centri urbani.

Le comunità lontane dai centri urbani, dalle industrie e dalle aree agricole industriali sono più vicine alla natura e hanno un legame più spirituale con l’ambiente. Meno c’è modernità capitalista, più la vita può essere naturale e spirituale. Se queste comunità in aree non urbane appartengono a gruppi oppressi come le popolazioni indigene dell’America Latina, gli adivasi dell’India e i curdi aleviti, allora il legame con la natura può avere un’importanza aggiuntiva perché i popoli oppressi si esprimono anche attraverso la natura. In questo senso, la natura è una parte essenziale della loro identità oppressa. Di conseguenza, la distruzione o l’appropriazione indebita della natura da parte della forza colonialista è un’eliminazione della loro identità. Questo spesso non è molto compreso dalle persone che vivono nei grandi centri urbani e capitalisti, dove la vita non ha più una forte relazione con la natura.
Nell’ideologia del KFM, la prospettiva ecologica è considerata di importanza strategica e come strumento per creare consapevolezza nell’intera società umana e in tutte le attività e i processi legati all’uomo da una prospettiva di conservazione della natura, anticapitalista e olistica. In questo modo, l’approccio è quello di esprimere con l’ecologia le dimensioni non coperte dalla liberazione di genere o dalla democrazia radicale. In questo senso, l’enfasi sull’ecologia all’interno del Confederalismo democratico può essere intesa anche come il completamento degli altri due pilastri.

Tuttavia, va sottolineato che la conservazione della natura e persino il suo ripristino da parte dell’uomo è un obiettivo strategico. Fin dall’inizio, la KFM ha sottolineato che ogni essere vivente ha il diritto di esistere grazie alla sua natura. La vita di animali e piante deve essere protetta attivamente dall’uomo. Per quanto riguarda la conservazione della natura, l’obiettivo di limitare e fermare il cambiamento climatico antropogenico è un tema cruciale, poiché nei prossimi decenni potrebbe colpire in modo molto più drammatico tutto il nostro pianeta – in realtà il Kurdistan e il Medio Oriente sono già stati colpiti da quasi due decenni a causa della diminuzione delle precipitazioni. Il cambiamento climatico non è meno importante della “conservazione della natura” (in questo caso si intendevano progetti/politiche per la conservazione di specie, habitat e aree ad alta biodiversità) e al contrario, come alcune organizzazioni ambientaliste o politici danno priorità nelle loro discussioni, essi sono reciprocamente dipendenti e non dovrebbero essere trattati indipendentemente l’uno dall’altro. Il cambiamento climatico non può essere limitato senza la conservazione e il ripristino di foreste, vegetazione, fiumi, ciclo dell’acqua, suolo, aria, ecc. Per la KFM, il cambiamento climatico fa parte della conservazione della natura e il motivo per cui in questo documento il cambiamento climatico non viene menzionato in modo specifico.
Si conclude quindi che ogni lotta contro la distruzione ecologica è molto essenziale e un passo necessario per ristabilire un rapporto con la natura per molte persone; ma a lungo termine non è sufficiente per proteggere l’area naturale contesa e la relativa società umana. Non basta perché il relativo progetto di investimento, così come tutti gli altri progetti distruttivi, sono causati dal sistema politico-economico dominante. Questo sistema dominante non farà mai un passo indietro per attuare tutti i progetti progettati e pianificati.

Per questo essere ecologici significa anche criticare tutti i processi della società, in particolare il modo di produrre e consumare, di nutrirsi, di abitare, di mobilitarsi, di organizzare il tempo libero, ecc. Il KFM rifiuta categoricamente il modo in cui questi modelli sono implementati dalla modernità capitalista e la direzione che prendono oggi – l’insistenza del KFM sulla vita comunitaria è un’espressione di tale rifiuto. L’attuale livello di consumo è senza dubbio eccessivo per la Terra. Andare avanti così porterebbe alla drammatica distruzione o al significativo deterioramento di tutti gli ecosistemi esistenti e alla perdita della maggior parte della biodiversità. Se non ci sarà una decelerazione a breve termine e un significativo cambiamento concettuale a medio termine, la distruzione della natura e il cambiamento climatico continueranno e le basi della vita diventeranno molto più deboli, con gravi impatti per gli ecosistemi, la biodiversità, gli animali, le piante e miliardi di esseri umani. I più colpiti sarebbero soprattutto le persone, le comunità e gli Stati con deboli capacità socio-economiche.

Per ottenere un cambiamento considerevole di questi modelli, l’approccio di base deve essere quello di ridurre il consumo di energia e di materiali di almeno l’80% negli Stati industriali a medio termine e di trovare un nuovo equilibrio in cui ogni essere umano abbia la stessa quantità di energia e di materiali da utilizzare; un criterio importante dovrebbe essere quello di permettere agli ecosistemi degradati e alla biodiversità di recuperare.
A questo punto va sottolineato che ogni distruzione della natura o dell’ecosistema ha gravi impatti sull’uomo ed è quindi una distruzione sociale – diversi fattori ne determinano il livello. Ogni progetto di investimento, come dighe e miniere, ha un alto potenziale di distruzione della natura e di violazione dei diritti fondamentali delle popolazioni colpite. Quindi la distruzione ecologica deve essere intesa anche come violazione dei diritti politici, sociali, culturali ed economici delle persone. Questo collegamento non è ancora stato fatto da molti attivisti o analisti critici nel nostro mondo.
Facendo un ulteriore passo avanti, il KFM è consapevole che con il capitalismo – anche senza il neoliberismo – la distruzione ecologica non potrà mai essere fermata, per non parlare dell’inversione di tendenza, cioè della rinaturalizzazione della natura e del ripristino dell’equilibrio climatico. Se il capitalismo domina l’economia globale e la modernità capitalista, la sfera politica, ci sarà un’intensa pressione per la “crescita” in senso capitalista e (quasi) nessuno spazio per sviluppare altre forme di vita, per i processi decisionali democratici e per un’economia comunitaria e democratica. Nel corso di secoli e decenni, la modernità capitalista ha conquistato i cervelli e i comportamenti di miliardi di esseri umani in modo sottile. Non può essere superata con un concetto basato solo su nuovi obiettivi sociali ed economici, come intendeva fare il “socialismo reale/statale”. Gerarchia, Stato e capitalismo sono innanzitutto uno sviluppo ideologico.

La modernità capitalista ha iniziato ad approfondire ad un ritmo accelerato l’alienazione degli esseri umani dagli esseri umani e dalla natura; e questo molto più dei precedenti sistemi politici gerarchici. Soprattutto negli ultimi 200 anni, ogni area del mondo e ogni comunità è stata colpita dalla modernità capitalista. Oggi tutte le persone – tranne i ricchi – sono state messe sotto pressione dal neoliberismo. Spostando le persone dai loro ambienti naturali con la forza fisica o economica verso le città, gli esseri umani hanno perso la loro cultura di vivere in ambienti molto più naturali. Quando i territori sono minacciati da questi investimenti distruttivi in aree dove le persone sono oppresse sulla base della loro identità, lo spostamento delle persone da parte degli Stati nazionali contribuisce all’assimilazione delle culture minacciate e sotto pressione. Le culture oppresse, piccole o marginali, sono particolarmente colpite da queste politiche. I curdi ne sono un esempio importante.
Le persone che vivono nelle città non solo consumano, ma sono anche scollegate dal loro forte patrimonio sociale e culturale e quindi sono pesci persi nel mare facilmente catturabili. Scollegarsi dal proprio passato culturale significa, tra l’altro, essere aperti a modi di vita estremamente individualistici e isolati, dove non esiste un sano equilibrio tra individui e società. Le persone alienate dalla natura e dalle relazioni comunitarie e solidali diventano più facilmente strumenti di sfruttamento nella produzione industriale, nel consumo, nei pensieri reazionari e nell’instaurazione di sistemi politici autoritari. Gli abitanti delle città non conoscono più il nome della maggior parte delle piante e degli animali e non sanno come funzionano in pratica i processi della natura o come gli esseri umani possano trarne beneficio in modo sostenibile, come hanno fatto i nostri antenati per migliaia di anni. Quindi gli esseri umani nelle città non vivono la natura quotidianamente. In altre parole, gli esseri umani non percepiscono il suolo, le piante, l’acqua, il sole e l’aria e iniziano a perdere una profonda comprensione di questi elementi e del loro contesto; di solito li conoscono in teoria, come i biologi. Nelle città, oggi più che mai, tutto è organizzato con il denaro, mentre gli abitanti dei villaggi possono ancora produrre alcune delle loro necessità, scambiarsi beni tra loro e sostenersi a vicenda con beni autoprodotti. Le persone che vivono nelle aree rurali sono di solito meno colpite dalla modernità capitalista e riproducono un pensiero e uno stile di vita meno legati al capitalismo e all’egemonia statale. Nelle città, in media, gli esseri umani devono affrontare un maggior numero di traumi psicologici e sociali rispetto alle comunità rurali; e questi traumi vengono trasferiti ai loro figli. I traumi degli sfollati dalle aree rurali sono forse i peggiori. In realtà, oggi la maggior parte delle nostre società vive in condizioni psicologiche pesanti.
La modernità capitalista crea persone che offrono la loro forza lavoro a imprese private o organizzazioni pubbliche senza produrre alcuno dei loro bisogni, come facevano i loro antenati nei villaggi. Così, con il loro stipendio devono comprare tutti i loro bisogni. Queste persone sono sottoposte a condizioni di lavoro dure e stressanti. I lavoratori, sottoposti a una pressione permanente, non si sono preoccupati molto della distruzione ecologica in corso nel primo periodo dell’industrializzazione, quando le condizioni di lavoro e i salari erano al centro dei loro interessi. Anche se i sindacati più forti non hanno sviluppato un approccio ecologico fino a poco tempo fa. Tuttavia, dopo generazioni, sempre più persone in quasi tutte le parti del mondo hanno iniziato a pensare all’ecologia e alle alternative allo stile di vita capitalistico. Mentre nei vecchi Stati industriali la maggior parte delle persone inizia ad apprendere fatti sulla natura e su una vita ecologica da zero, negli Stati di recente o quasi industrializzati ci sono molte più caratteristiche e resti di relazioni, processi e pensieri non capitalistici su cui le persone critiche possono basarsi. Il recupero può essere realizzato in modo più semplice e veloce, perché ad esempio le persone critiche possono beneficiare dell’esperienza dei loro nonni o addirittura dei loro genitori. Il Kurdistan è una geografia di questo tipo.

Sebbene sia stata introdotta la connessione tra ecologia e liberazione delle donne, resta da descrivere la connessione tra ecologia e democrazia. Per difendere la natura e le relazioni ecologiche, è necessario fermare i progetti distruttivi e di sfruttamento e modificare radicalmente i modelli abitativi, produttivi, di consumo, di mobilità, ecc. Tutto questo può essere fatto solo se le strutture decisionali democratiche sono dominanti nella società, cioè se si sviluppa una democrazia radicale, e se le piccole cerchie della società non possono più influenzare le decisioni politiche attraverso le lobby. Solo quando ci sarà un’economia basata sulla solidarietà e sulla comunanza si potrà prevenire la grande distruzione ecologica a lungo termine. Riassumendo, si può analizzare che la connessione tra ecologia e democrazia si realizza in particolare attraverso la sfera delle relazioni economiche.
Il KFM ha sviluppato negli anni una nuova terminologia con il concetto di Confederalismo Democratico che può essere interessante. Molti movimenti lo fanno, ma all’interno del Confederalismo Democratico sono state create alcune parole in più. Si comincia con il nome del concetto. Alcune definizioni sono una combinazione di parole come “democrazia” e “autonomia” o “democratico” e “nazione”, che sono ampiamente utilizzate. La teoria del Confederalismo Democratico segue anche la linea di occupare le definizioni cruciali esistenti, come “nazione” o “modernità”, e di dare loro anche un contenuto positivo in un certo quadro. Da un punto di vista ecologico, all’interno del Confederalismo Democratico i termini “industria ecologica” e “vita comunitaria” sono di maggiore rilevanza. L’industria ecologica può essere controversa, poiché le attività industriali hanno portato in gran parte alla distruzione e all’inquinamento della natura e concentrano continuamente il potere economico e politico. Ma allo stesso tempo le società umane hanno raggiunto un livello di vita e di relazioni economiche che non può essere mantenuto senza l’industria. Per la KFM “industria” è intesa come la produzione di beni in modo sistematico e concentrato, cioè con processi meccanizzati. Ha bisogno di competenze specialistiche e di tecnologie superiori. In realtà, forme primitive di industria sono esistite per un lungo periodo nella storia dell’umanità. L’attuale livello di industria, con i suoi impatti negativi, non era inevitabile; la storia avrebbe potuto prendere una piega diversa. Tuttavia, al giorno d’oggi è estremamente difficile (quasi impossibile) deindustrializzare le società, il che comporterebbe rischi incalcolabili. La questione è quindi come riorganizzare l’industria in termini di tecnologia, capacità e gestione in una prospettiva ecologica e in rottura con il concetto esistente di crescita economica. Su questo tema il Confederalismo Democratico non ha ancora concetti ben sviluppati, ma piuttosto idee di base.

Il ruolo della guerriglia nella crescente consapevolezza ecologica

La crescente consapevolezza ecologica è legata anche alla guerriglia del PKK, le Forze di Difesa del Popolo HPG, che non hanno mai cessato di esistere capillarmente nelle montagne del Kurdistan settentrionale e meridionale fin dagli anni ’80. L’HPG conta migliaia di guerriglieri in vaste aree del Kurdistan settentrionale e in un’ampia fascia di 250 km nel Kurdistan meridionale; va quindi considerato come un fattore geograficamente e politicamente molto importante. Quando non combattono con l’esercito turco, i guerriglieri trascorrono il loro tempo in un mix di educazione militare e politica. Nel Kurdistan meridionale, l’attenzione è ancora più rivolta alla discussione e all’educazione politica.
Nel loro programma educativo politico, i guerriglieri discutono l’intera gamma di questioni sociali e politiche. Dagli anni ’90, quando Öcalan ha iniziato a discutere della crisi ecologica, la guerriglia ha incluso l’ecologia nelle sue discussioni. Il modo in cui discute dell’ecologia e di tutti gli altri argomenti differisce dalle persone e dalle organizzazioni della società curda in generale, il che rende la discussione stessa più indipendente. I guerriglieri non fanno parte del sistema politico egemonico e non hanno aspettative individuali ristrette dallo Stato o da altri. Al contrario, le persone e le organizzazioni della società “normale” sono continuamente influenzate da preoccupazioni e limiti personali. Anche se lottano intensamente per liberarsi dalle influenze del capitalismo e dello statalismo, ne rimane sempre una parte.

La differenza con la guerriglia è che, dalla sua comparsa all’inizio degli anni ’90, le condizioni di vita sono estremamente difficili, ma completamente comunitarie, basate sulla solidarietà e lontane dalla modernità capitalista. Non esiste quasi nessuna proprietà privata; il denaro e gli interessi materiali non giocano alcun ruolo nelle relazioni tra gli esseri umani; le decisioni vengono prese a volte in modo democratico e viene applicato sistematicamente un sistema di critica e autocritica.
Per quanto riguarda l’ecologia, è molto importante che la guerriglia viva in armonia con la natura. La guerriglia non ha quasi mai avuto un impatto negativo su piante, animali ed ecosistemi, anzi negli ultimi anni si è preoccupata più che mai di questo aspetto. La vita è fortemente orientata verso criteri ecologici. L’esistenza della guerriglia in molte regioni montuose porta a impedire una caccia diffusa e a preservare molte foreste attraverso la richiesta o il divieto di avviare o proseguire numerosi progetti infrastrutturali distruttivi dello Stato turco o del Governo regionale curdo nel Kurdistan meridionale.
Le discussioni e le proposte per superare la crisi ecologica sono spesso praticate nelle aree di guerriglia su piccola scala e per quanto possibile nella vita dei singoli guerriglieri e come comunità. Non ci sono quindi solo risultati teorici, ma anche una dimensione pratica. Attraverso questa pratica, in alcuni casi, la guerriglia può aggiustare i suoi primi presupposti teorici.

La pratica ecologica della guerriglia può essere spiegata con i seguenti esempi. È assolutamente vietato gettare rifiuti come plastica o metallo nell’ambiente; gli alberi vengono tagliati solo in casi eccezionali; gli animali vengono cacciati poco e solo in modo da non mettere in pericolo nessuna specie in una certa regione – alcune specie potrebbero riprendersi; nel Kurdistan del Sud vengono costruite alcune decine di piccole dighe di deviazione per l’elettricità che deviano di solito un terzo dell’acqua che scorre (la maggior parte degli Stati devia tra i 2/3 e il 90%); il cibo viene prodotto il più possibile con i mezzi della guerriglia sulle montagne.
I risultati e gli approcci sviluppati dalla guerriglia riflettono le condizioni materiali con le forti caratteristiche di solidarietà, comunanza ed ecologia; e sfidano le altre parti della società – in particolare la parte della popolazione che è fisicamente e politicamente vicina a loro. La ragione è che la critica è molto più profonda e ideologicamente giustificata, le rivendicazioni sono più elevate e ci sono meno elementi “realistici” che potrebbero limitare il pensiero. Così la guerriglia accetta meno compromessi e quindi meno spazi per il capitalismo. Gli approcci della guerriglia sono più vicini all’armonia con la natura e richiedono strutture comunitarie più forti e più ampie.
Gli approcci e le proposte sviluppate sull’ecologia – come negli altri campi – possono essere collegati e trasferiti abbastanza facilmente alla società più ampia del Kurdistan, poiché esiste una forte relazione della guerriglia con la società curda. Si consideri che ogni anno centinaia di migliaia di persone si incontrano e discutono con i guerriglieri. Venire dalla modernità capitalista e incontrare rivoluzionari che condividono la vita comunitaria colpisce queste persone e non solo, soprattutto i giovani.
Tuttavia, in tutti i campi, due approcci di base all’interno del Movimento per la Libertà curdo – uno rappresentato principalmente dalle idee espresse dalla guerriglia – si scontrano spesso in modo forte. Non tutte le proposte sono approvate singolarmente dagli attivisti politici o dalle persone politicamente interessate della società in generale, che vivono in condizioni materiali diverse. Ci sono aspetti che i guerriglieri non considerano nelle loro discussioni, poiché vivono lontano e in condizioni diverse e straordinarie. In generale, gli approcci della guerriglia sono più vicini a ciò che è considerato più democratico, comunitario, liberato dal genere ed ecologico.
La sintesi deve essere stata, nella maggior parte dei casi, la strada più corretta, perché il KFM è riuscito a sopravvivere e a rafforzarsi negli ultimi anni. Possiamo dire che le relazioni montagna-città dei curdi hanno creato nel corso degli anni una dinamica specifica che è benefica per l’intero KFM.

Come la contraddizione crea una dinamica

Dal 1999 il Movimento curdo per la libertà ha vinto le elezioni locali in un numero crescente di città del Kurdistan settentrionale e ha acquisito alcune importanti conoscenze su come i governi locali possono trasformare la società per renderla più sociale, più libera dal punto di vista del genere e più orientata all’ecologia. Solo a partire dal 2010/2011 sono state colte in modo sostanziale le ragioni per trasformare la vita in senso ecologico; in precedenza, l’approccio e il discorso sull’ecologia erano piuttosto superficiali, come descritto sopra.
Le ragioni sono essenzialmente tre. In primo luogo, le relazioni capitalistiche hanno continuato ad avanzare rapidamente nel Kurdistan del Nord nella seconda parte degli anni 2000 e la distruzione ecologica ha raggiunto livelli seriamente preoccupanti. In secondo luogo, il concetto di Confederalismo Democratico ha incoraggiato e rafforzato gli ecologisti del Bakur ad approfondire e ampliare la loro lotta. In terzo luogo, la critica e la resistenza contro la distruzione e lo sfruttamento ecologico sono aumentate in modo organizzato, hanno raccolto alcune esperienze serie e anche piccoli successi.
Il libro “In difesa di un popolo” di Öcalan, pubblicato nel 2004, e la dichiarazione di confederalismo democratico del marzo 2005 hanno contribuito definitivamente a una migliore sistematizzazione delle idee e della discussione su una società ecologica nel Bakur e in altre parti del Kurdistan. Nei primi mesi dopo la dichiarazione del Confederalismo Democratico, c’è stata una discussione controversa tra molti attivisti politici all’interno del KFM o vicini ad esso, riguardo al pilastro ecologico. Mentre per gli attivisti che già incorporavano l’ecologia nel loro attivismo e nelle loro discussioni questo è stato molto incoraggiante e di supporto, gli altri o non l’hanno preso in considerazione seriamente o hanno sollevato preoccupazioni e hanno ritenuto prematuro enfatizzare l’ecologia o “non adatto alla realtà della società curda”. Tuttavia, in generale, le strutture politiche del KFM hanno accolto con favore il pilastro dell’ecologia e hanno iniziato a discuterne, anche se solo in modo superficiale. Almeno ha aperto la mente a discussioni, campagne e richieste ecologiche.
Proprio in questo periodo la diga e la centrale idroelettrica di Ilisu, il più grande progetto di diga in fase di pianificazione o costruzione nel Bakur e in Turchia, è tornata all’ordine del giorno dopo che il governo turco ha avviato un nuovo sforzo per costruirla – il primo tentativo era fallito nel 2001/2002. Tra il 2006 e il 2010 la lotta contro questo progetto di diga, che avrebbe avuto gravi impatti sulle strutture sociali, sul patrimonio culturale e sull’ecosistema del Tigri e conseguenze distruttive per la società locale, è stata costantemente all’ordine del giorno dei curdi e ha ottenuto il sostegno di molte organizzazioni curde, attivisti e media. Coordinata dall’Iniziativa per mantenere vivo Hasankeyf, questa campagna è stata espressione di una maggiore consapevolezza ecologica e culturale dei curdi. Ha contribuito a un nuovo livello di messa in discussione delle politiche energetiche, idriche, agricole e di sviluppo dello Stato turco e ha superato in modo significativo le discussioni durante il primo ciclo di lotta sul progetto Ilisu tra il 1999 e il 2002.
Negli anni successivi si è assistito a un costante aumento del numero di gruppi e persone che lavorano su questioni riguardanti la conservazione della natura, l’impatto delle grandi infrastrutture e dei progetti energetici, la produzione alimentare e la teoria dell’ecologia sociale. Associazioni e iniziative che si oppongono a dighe, miniere, centrali a carbone, inquinamento ambientale, sviluppo urbano, commercializzazione della vita, ecc. sono state avviate o rafforzate ad esempio ad Amed, Dersim, Çolemerg (Hakkari), Batman, Qoser (Kiziltepe), Wan e Riha (Urfa). Sebbene in questi anni la varietà dei tipi di progetto contestati si sia ampliata, le dighe sono rimaste la sfida principale per i movimenti ecologisti. Erano gli anni in cui ogni chilometro quadrato del Bakur e dell’intero territorio dello Stato turco veniva considerato dai pianificatori statali e dalle grandi aziende come una fonte di profitto – a livello internazionale questo approccio iniziò a essere discusso come “estrattivismo”. Il capitalismo si stava diffondendo in tutte le nicchie della società del Bakur. La modernità capitalista dispiegava le sue massime forze distruttive, il governo dell’AKP faceva di tutto per consentire gli investimenti nella regione. La necessità di formare una coalizione di gruppi e attivisti con una forte coscienza ecologica e critica nel Bakur è diventata importante in questi anni.
Considerando queste crescenti proteste e la necessità di agire in modo globale contro l’invasione del capitalismo neoliberale, il coordinamento del Mesopotamian Social Forum, organizzato per la prima volta nel 2009 ad Amed, ha deciso di organizzare un Forum dell’Ecologia. In questo forum, tenutosi nel gennaio 2011 con il contributo di attivisti di tutte le lotte del Bakur, ricercatori, rappresentanti di diverse organizzazioni e movimenti civili e attivisti provenienti dalla Turchia e da altri Paesi, le lotte e gli approcci ecologici sono stati discussi in Kurdistan in modo ampio e organizzato per la prima volta nella storia. A seguito del forum, gli “attivisti ecologici” hanno avviato una discussione per formare una rete di gruppi a Bakur. Ci è voluto più di un anno e mezzo per arrivare ai primi incontri di una decina di gruppi e alla decisione di formare il “Movimento ecologico della Mesopotamia”. La base teorica, fin dall’inizio, è stata l’ecologia sociale e il confederalismo democratico. Sebbene il nome lo descriva come un movimento, nei primi anni si trattava piuttosto di una rete.
In questi anni il capitalismo ha iniziato a influenzare in modo forte anche alcune strutture politiche e il pensiero degli attivisti del KFM, compresi i comuni e gli attivisti delle piccole città. A causa del fatto che mancava ancora un sistema e una profondità nella discussione sull’ecologia per quanto riguarda tutte le decisioni e le azioni all’interno del KFM, non sorprende che alcune persone e strutture abbiano agito in modo contrario. L’impatto nella pratica è stato che, tra l’altro, il comportamento e gli approcci dei partiti politici e delle organizzazioni del sistema egemonico esistente non sono cambiati in modo significativo per molti attivisti del KFM: decisioni come la pianificazione urbana non hanno realmente frenato le pratiche prescrittive capitaliste-stataliste; alcuni sindaci sono stati cooptati da imprenditori locali per ottenere appalti; e la competizione lontana dalle relazioni di solidarietà tra organizzazioni e attivisti è in parte aumentata. Queste sfide possono sempre emergere e diventare dominanti nel caso di una struttura democratica radicale non molto sviluppata e accettata, con processi decisionali trasparenti e inclusivi. Il KFM ha iniziato solo nel 2007 a creare una struttura politica completamente nuova che si basa sul paradigma del confederalismo democratico. Il Congresso della Società Democratica (in curdo: KCD; in turco: DTK), come struttura ombrello del KFM per i nuovi consigli popolari dei quartieri, le organizzazioni della società civile, i movimenti sociali, le organizzazioni professionali, le municipalità e i partiti politici, era abbastanza nuovo e stava ancora trovando il modo di funzionare correttamente, data la grande diversità delle strutture sopra menzionate.
Nella fase iniziale, il Movimento Ecologico della Mesopotamia (MEM) è stato sfidato a trovare il modo di riunire i gruppi membri intorno a temi, campagne e discussioni e a creare una struttura di lavoro permanente e affidabile. Se questo potesse essere realizzato, la lotta contro i numerosi progetti e le politiche distruttive e di sfruttamento dello Stato potrebbe essere affrontata meglio e all’interno del KCD la lotta per le discussioni, il pensiero e gli approcci ecologici otterrebbe un maggiore peso politico. Nel confrontarsi con i progetti e gli obiettivi del governo, un numero sempre crescente di persone ha iniziato a mettere in discussione le politiche statali in altri settori. Non solo le politiche sull’identità curda, i diritti collettivi, l’istruzione, i diritti delle donne, la militarizzazione, ma anche quelle sull’economia, l’energia, l’agricoltura e le questioni correlate a Bakur sono diventate sempre più al centro della lotta politica. Ogni decisione economica o progetto di investimento ha iniziato a essere percepito in modo più critico.

Allo stesso tempo, i comuni governati dal partito legale del KFM sono stati oggetto di un’attenzione critica da parte del MEM, perché i comuni che agiscono contro gli obiettivi politici del movimento generale avrebbero danneggiato l’intera lotta, compresa la dimensione ecologica. La richiesta era che la politica municipale venisse cambiata completamente secondo i principi ecologici, sviluppati dal MEM, e l’autoamministrazione dei consigli popolari. L’obiettivo dello Stato è chiaro: vuole dominare, opprimere e sfruttare la società in stretta collaborazione con le grandi imprese, e a Bakur anche con le medie imprese. In questa lotta, i comuni del KFM hanno dovuto prendere una posizione chiara contro le politiche statali. Sebbene, secondo la legge turca, i comuni siano in fin dei conti un organo del governo centrale, hanno capacità e libertà limitate con cui possono sfidare le politiche statali. Se da un lato sono costrette ad agire in conformità con la legge turca, dall’altro le municipalità dovrebbero fare tutto ciò che è in loro potere per sostenere le strutture democratiche radicali della società, in particolare i consigli popolari, l’auto-organizzazione delle donne e l’economia comunitaria, nonché prendere posizione contro la gentrificazione delle aree urbane e portare servizi equi a tutta la popolazione. Ma la realtà in questi anni è stata spesso solo in parte così. Il capitalismo ha messo le municipalità del Bakur sotto pressione per seguire il modello di sviluppo neoliberale delle municipalità dell’AKP, dominando le discussioni sullo sviluppo urbano. Era un periodo – fino al 2011 – in cui la crescita economica in Turchia era elevata, le contraddizioni sociali in Turchia e nel Bakur erano significativamente minori e il governo dell’AKP non era ancora molto repressivo: quindi, le critiche del KFM contro la modernità capitalista non sono state accolte bene dalla società curda. Un’altra pressione è stata la sistematica discriminazione finanziaria da parte del governo nazionale turco: dal 1999, le municipalità del KFM non hanno potuto beneficiare di molti fondi governativi, a differenza delle altre municipalità; inoltre, sono stati spesso creati ostacoli nell’approvazione di grandi progetti (ogni grande progetto deve essere approvato dal governatore, nominato direttamente dal governo turco) e le municipalità del KFM non sono state supportate con esperti e competenze come le altre municipalità. Quest’ultima discriminazione non è stata molto sorprendente, poiché i curdi sono stati oppressi fin dalla fondazione della Repubblica di Turchia. Si tratta di un tema per il quale è necessario lottare.

Tuttavia, ciò che più preoccupa il MEM è la mancata presa di posizione delle municipalità nei confronti dello sviluppo capitalistico. A questo proposito, un caso è diventato importante per la lotta ecologica in Kurdistan. Si tratta della collina “Kırklar Dağı” nella periferia della città di Amed, dove nel 2009 è stato annunciato un progetto abitativo. In quanto area storica e naturale ai margini meridionali della città di Amed, Kırklar Dağı è molto conosciuta dalla popolazione ed è quindi un luogo sensibile. Quando nel 2011/2012 è iniziata la preparazione fisica dei progetti abitativi, che in realtà non era in linea con il piano regolatore approvato nel 2006, il MEM e alcune altre organizzazioni civili hanno chiesto l’immediato stop e la cancellazione: dopo lunghe discussioni e trattative, i due comuni di Amed coinvolti hanno respinto questa richiesta. Così, quando la costruzione è iniziata completamente nel 2013, è stata organizzata una manifestazione dal MEM con migliaia di persone. Anche se il progetto non si è fermato, la manifestazione è stata un novum per il KFM: un’organizzazione civile ha criticato pubblicamente in modo aspro un comune del “proprio movimento politico” a causa di un progetto urbano.  Tuttavia, ciò ebbe un impatto a lungo termine. Negli anni successivi, i comuni del Partito Democratico delle Regioni (DBP; il partito del KFM e membro dell’HDP) hanno iniziato ad agire con maggiore attenzione quando hanno pianificato qualsiasi progetto abitativo o di maggiore entità. Questo caso ha dimostrato che per pensare e agire in modo ecologico gli attivisti devono considerare anche la propria parte e non l’altra, lo Stato e il grande capitale. Oltre al caso di Kırklar Dağı, ci sono molti altri progetti nelle città che sono oggetto di trasformazione capitalistica e che devono essere considerati in modo molto più critico.

Un’altra critica al MEM riguarda i grandi centri commerciali che sono stati costruiti negli ultimi anni in ogni città. Si tratta di progetti privati, ovviamente sostenuti dal governo dell’AKP, ma in alcuni casi le municipalità del DBP non sono intervenute e in pochi casi li hanno addirittura accolti. Alcuni centri commerciali avrebbero potuto essere evitati, o almeno ritardati. La legge turca consente al governo centrale di assumere il controllo della pianificazione urbana quando lo ritiene necessario. La questione è quindi come resistere a questa ingiustizia legale; anche se non è possibile impedire a lungo termine i progetti non desiderati, almeno dovrebbero essere ritardati e sottoposti a un dibattito pubblico. Dopo le intense critiche del MEM e di altri movimenti come quello delle donne nel 2014, i comuni del DBP hanno adottato un approccio molto più critico.
Questi due casi dimostrano che la lotta ecologica nel Bakur non deve concentrarsi solo nelle aree rurali, ma anche in quelle urbane, perché il capitalismo ha iniziato molti anni fa a cercare progetti di investimento redditizi ovunque. Il 2013 è stato l’anno in cui la coscienza e la critica ecologica hanno iniziato a esprimersi molto più apertamente, accompagnate da azioni pubbliche e non solo attraverso il MEM. Il movimento giovanile, il movimento femminile, le organizzazioni professionali (in particolare architetti, ingegneri, medici), i sindacati hanno raggiunto un nuovo livello qualitativo nel loro approccio a come la società potrebbe essere concepita da una prospettiva ecologica.
A questo punto, va detto che all’interno del concetto di Confederalismo Democratico un campo – a Bakur la società è organizzata dal Congresso della Società Democratica (DTK/KCD) in 14 campi (anche rami o settori), come le donne, la giustizia, la salute, l’educazione, la diplomazia, le credenze, l’ecologia, le municipalità, i giovani, l’autodifesa – è solitamente promosso da un movimento o da un’organizzazione, ma non è limitato solo a questa. Anzi, è preferibile che anche attivisti di altri settori discutano a fondo di ecologia, liberazione delle donne o economia democratica comunale. Per questo, le connessioni tra i campi diventano importanti. Nei sistemi parlamentari, le ONG e i movimenti ecologici/ambientali agiscono di solito da soli con l’obiettivo di fermare alcuni progetti e/o di cambiare le leggi o la società in senso ecologico. Nel nuovo sistema del Bakur – e del Rojava – i movimenti sociali lottano per i loro obiettivi, ma lo fanno all’interno di un sistema democratico e inclusivo. Ciò deriva dalla percezione che la società è un tutt’uno ed è stata divisa dalla modernità capitalista al punto che i diversi gruppi sociali e politici e i generi non agiscono in equilibrio tra loro: un gruppo cerca sempre di dominare l’altro. Nella modernità capitalista, di solito i gruppi con grandi capacità finanziarie o armi dominano sugli altri. Questa è una differenza significativa che è stata apportata dal Confederalismo Democratico.

Un esempio di come i diversi movimenti possano lavorare insieme con successo e di quanto i diversi campi siano interconnessi, sono le relazioni del MEM con il movimento per l’economia. Il movimento per l’economia si è formato nel 2013 dopo ampie discussioni tra decine di attivisti di diverse lotte e economisti critici del Bakur e della Turchia. Tra queste persone c’erano anche diversi attivisti del MEM. Da allora c’è un buon collegamento e scambio tra i due rami. Il buon rapporto ha portato i due rami a collaborare su alcuni progetti, che riguardano sia l’ecologia che l’economia. Un esempio è la costruzione, da tempo discussa, di una banca per le sementi biologiche locali. Una relazione dinamica, cooperativa e critica con il movimento della nuova economia emergente, che vuole sviluppare un’economia comunitaria e democratica a Bakur, è fondamentale per l’obiettivo di sviluppare una società ecologica. Tutto ciò che viene discusso e sviluppato tra i MEM deve essere attuato in collaborazione con il settore economico e con le municipalità. Senza considerare l’economia comunale, una società ecologica è impossibile come descritto sopra.

Il Movimento Ecologico della Mesopotamia

Nel 2014 è iniziata una nuova discussione tra gli attivisti del MEM sulla sua ristrutturazione con l’obiettivo di diventare un movimento sociale reale e ampio. Dopo molte discussioni, si è giunti alla formazione di consigli in ogni provincia del Bakur che hanno offerto spazio agli attivisti politici che lavorano sull’ecologia e ai nuovi arrivati. Sono state invitate a partecipare tutte le iniziative precedenti e nuove, le associazioni e gli attivisti che si occupano di ecologia, ma anche altre organizzazioni della società civile, organizzazioni professionali, sindacati, municipalità e i consigli popolari del KCD nei quartieri urbani e nelle regioni rurali. Questa forma di rappresentanza intende includere il maggior numero possibile di attori della società e stabilire qualcosa che a breve e medio termine dovrebbe costruire una società più ecologica e, di conseguenza, più giusta e democratica.
Il lavoro principale del MEM si svolge nelle diverse commissioni che vengono istituite in base alle esigenze e all’importanza definite dai consigli provinciali. Ogni attivista del MEM fa parte di almeno una commissione della propria provincia. Oltre alle commissioni che esistono in quasi tutte le province, ci sono alcune commissioni specifiche. Ad esempio, nella provincia di Dersim esiste una commissione per le foreste e, nell’area metropolitana di Amed, una per i diritti degli animali. Ci sono anche alcune commissioni a livello di Bakur, come quelle per la diplomazia, la legge e l’organizzazione. Il coordinamento a livello provinciale è costituito dai due co-presidenti, una donna e un uomo. I copresidenti sono eletti periodicamente (3 o 6 mesi) dall’assemblea provinciale che si riunisce almeno due volte l’anno (a volte 4 volte l’anno). Ogni assemblea provinciale elegge annualmente alcuni (circa 6) delegati in base alla quota di genere per l’assemblea a livello di Bakur, che si riunisce due volte l’anno. I coordinamenti a livello provinciale eleggono due delegati, una donna e un uomo, per il coordinamento di Bakur, che si riunisce più spesso dell’assemblea di Bakur. Come si può determinare all’interno del MEM, ogni struttura ha una quota minima di genere del 40% per i suoi delegati. Il MEM ha una quota del 50%.

Dopo questa ristrutturazione, il MEM è ora rappresentato in modo più forte nel KCD attraverso le azioni, i progetti e le campagne che sta realizzando. Il MEM può portare meglio i suoi contenuti e le sue richieste ai coordinamenti del KCD a livello provinciale e di Bakur e all’assemblea generale del KCD. Più il MEM è forte, più può avere un impatto sul KCD nel suo complesso e sui suoi attivisti. Ad esempio, è fondamentale lavorare verso quei comuni che non hanno buone pratiche in materia di ecologia e su altre questioni.
Il MEM è ben collegato con molti movimenti ecologici e ONG al di fuori del Bakur, all’interno dello Stato turco. Dal 2015 per diverse volte ci sono state azioni comuni, delegazioni (ad esempio sugli incendi boschivi) e discussioni. In questo senso fa parte del Consiglio ecologico del Consiglio democratico del popolo (HDK). L’HDK è la sovrastruttura a livello turco di tutte le strutture di democrazia diretta, includendo quindi anche l’HDP. In altre parole, l’HDK è equivalente al KCD, pur non essendo comparativamente forte come quest’ultimo.

Fin dall’inizio il MEM ha dovuto lottare con una scarsa consapevolezza dell’ecologia nella società, che si ripercuote nelle diverse organizzazioni del KCD. Sebbene negli ultimi anni si sia verificato un cambiamento significativo, l’ecologia è ancora considerata da gran parte della società come qualcosa di elitario e lontano dalla vita reale ed è associata alla conservazione di alcune specie o di importanti aree naturali o al consumo di cibo biologico sano ma costoso. Inoltre, la terminologia utilizzata non rende ancora molto comprensibile ciò che gli attivisti stanno cercando. Ecco perché la pratica è diventata fondamentale per attirare più persone nel movimento. Considerando che anche un gran numero di persone con una formazione accademica è interessato meno alla teoria e più alla pratica, i progetti sul campo possono motivare e attivare molti e rendere più comprensibile l’obiettivo di una società ecologica. Progetti come il giardinaggio comune e l’edilizia tradizionale, a cui possono partecipare tutte le persone interessate, hanno anche l’impatto che la MEM può convalidare e sviluppare il suo approccio teorico sulla base dei risultati di tali progetti. Ciò va considerato anche alla luce del fatto che il KFM parte dall’approccio generale nella maggior parte dei settori della società e lo sostanzia in un processo prolungato di pratica e discussione. I progetti sul campo offrono un lavoro collettivo e restituiscono il senso di comunità e solidarietà alle persone, in particolare alle città. Un progetto di successo è stata la raccolta di semi locali e biologici da diverse aree del Bakur nell’inverno 2015/2016 e la loro riproduzione nel 2016 in sette province. La riproduzione è stata fatta soprattutto con i consigli di quartiere della popolazione locale, un buon esempio di come i diversi settori del KCD possano lavorare insieme. Questa campagna sui semi ha suscitato l’interesse di molte parti della società. Considerando che gli esseri umani sono esseri razionali ma anche emotivi, toccare la terra, l’acqua, il fango, le piante e il legno può creare una grande sinergia. Un ulteriore risultato di questo approccio pratico è che in tempi di repressione e guerra può tenere unite le persone e permettere loro di superare periodi politicamente difficili come quello iniziato con la guerra nell’estate 2015 e peggiorato con lo stato di emergenza nell’estate 2016.
Nell’autunno 2015 il MEM ha condotto una discussione semestrale sugli otto principali ambiti politici (agricoltura, energia, acqua, salute, economia comunale, foreste/biodiversità, città ecologiche, ecotecnologie) per i quali erano stati istituiti gruppi di lavoro a livello di Bakur. Al termine di questi processi, sono stati preparati dei documenti, poi approvati alla prima conferenza MEM nell’aprile 2016 a Wan. Questi documenti politici sono diventati le linee guida per il lavoro futuro che coprono un ampio raggio e sono collegati ad altri campi politici come la liberazione delle donne, l’economia e la salute. Questo impegnativo lavoro può aiutare a trovare le prime risposte alla domanda su quale direzione debba prendere il MEM, a rafforzare senza dubbio l’impegno nella lotta e a privare di strumenti per lottare con successo contro lo Stato e le imprese, così come all’interno del KFM.

Osservazioni

1) È necessario affermare che la pesante repressione politica nel Bakur a tutti i livelli di impegno politico, iniziata nell’estate del 2015 e giunta a un livello estremo con lo stato di emergenza, dichiarato nel luglio 2016, ha colpito in modo pesante anche il MEM. Da allora la maggior parte delle attività del MEM sono state limitate, interrotte o modificate. Tuttavia le attività hanno subito alcuni importanti cambiamenti. In questo documento non è stato preso in considerazione il periodo successivo allo stato di emergenza. L’obiettivo è piuttosto quello di descrivere lo sviluppo della coscienza e della discussione sull’ecologia e la lotta per l’ecologia nel Bakur prima dell’attuale repressione.

3) Le discussioni e la pratica del Rojava non sono state incluse in questo documento, poiché i contesti sono molto diversi (niente più Stato, tanto meno capitalismo, ecc.) anche se il concetto politico è lo stesso.


1. Nelle discussioni recenti è stato definito anche “estrattivismo”.

(2) The KFM uses the definition capitalist modernity in order to describe the current hegemonic political-economic system. According to that capitalism is covers mainly economical activities while capitalist modernity is a system which includes the political and ideological (for example it is meant: mentality, human relations, social behavior) dimension of the developed hegemonic system.

3. Passaggio dal valore d’uso al valore di scambio

4. Spesso in queste discussioni si parla di “bisogni fondamentali”. Ma è piuttosto difficile distinguere tra “bisogni” e “bisogni fondamentali”, quindi in questo caso si rinuncia a usare “fondamentali”.

5. Al posto di “risorse”, molto usato al giorno d’oggi, qui si preferisce “elementi”. “Risorse” presuppone che esistano o che attendano di essere estratte e sfruttate dall’economia capitalista.